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Marzo,29,2024

'Ndrangheta: i clan di Rosarno pronti alla guerra, 31 fermati

Associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilita’ di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. Questi i reati contestati, a vario titolo, nell’ambito dell’operazione “Ares” che stamane ha portato al fermo di 31 persone da parte dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. I militari dell’Arma hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Procura distrettuale antimafia della citta’ calabrese dello Stretto nei confronti di presunti appartenenti o personaggi contigui alle cosche Cacciola e Grasso, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla “societa’” di Rosarno del “mandamento” tirrenico della provincia di Reggio Calabria.
Il provvedimento, come spiegato dagli inquirenti, costituisce la sintesi di un complesso lavoro di ricostruzione degli assetti e degli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola, documentati nel tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e ad un’inchiesta avviata nel settembre 2017 dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro sotto la direzione della locale Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine ha fatto emergere che l’originaria compattezza della cosca si era affievolita dopo la scomparsa di Domenico Cacciola, avvenuta nel 2013, ucciso dai suoi sodali per lavare l’onta di una relazione extraconiugale intrattenuta con una donna riconducibile ai Bellocco, Francesca Bellocco, uccisa a sua volta dal figlio, Francesco Barone, recentemente condannato per il delitto.
Il conflitto fra i due clan esplose lo scorso 16 settembre, quando un commando capeggiato da Gregorio Cacciola, 38 anni, figlio di Domenico, tento’ di sequestrare, in pieno giorno ed in pieno centro a Rosarno, con il fine di condurlo in un luogo isolato e ucciderlo, Salvatore Consiglio, considerato uno degli emergenti della ‘ndrina dei Grasso, tradizionale cosca satellite dei “Cacciola”. L’uomo riusci’ a scampare al suo destino reagendo al fuoco con una pistola illegalmente portata all’interno dell’autovettura. Dalle attivita’ investigative avviate dal Gruppo di Gioia Tauro emerse una precisa chiave di lettura delle dinamiche mafiose interne al gruppo Cacciola, ormai scisso dai Cacciola-Grasso. Il gruppo Cacciola, di piu’ recente formazione, avrebbe tentato di assumere una posizione egemonica, approfittando della condizione di maggiore debolezza delle famiglie mafiose dei Pesce e dei Bellocco indotta dalle piu’ recenti operazioni di polizia giudiziaria. Sul versante del narcotraffico internazionale e’ stato documentato il trasferimento di circa 300 kg di cocaina con un elevatissimo grado di purezza (oltre il 95%), importati dai Cacciola-Grasso attraverso emissari delle cosche di San Luca in Colombia e grazie ai rapporti con le organizzazioni criminali della penisola iberica, da dove e’ stato possibile documentare il trasferimento di almeno 500 chili di hashish, provenienti dal Marocco, indirizzate alle piazze di spaccio del Nord Italia, specie quelle dell’hinterland milanese e delle province piu’ piccole della Lombardia e del Piemonte. Le famiglie mafiose Cacciola-Grasso avrebbero utilizzato un’impresa di fuochi d’artificio per confezionare gli ordigni esplosivi per attuare il loro programma delittuoso. Dalle conversazioni intercettate, emergerebbe che i Cacciola-Grasso avrebbero commissionato a Giovanni Ursetta delle vere e proprie bombe, solitamente impiegate per danneggiamenti agli esercizi commerciali, fabbricate con una carica di esplosivo talmente elevata da indurre Giovanni Grasso a dire al suo interlocutore che “avevano fatto vibrare il paese”. Le attivita’ tecniche ed i servizi di pedinamento avrebbero poi documentato come i luoghi di detenzione domiciliare dei soggetti indagati fossero diventati teatro dei summit necessari a pianificare le diverse operazioni illecite, compresa l’importazione della cocaina dal Sudamerica.

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