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Aprile,26,2024

"30 MARZO 1202" di RICCARDO SUCCURRO*

Nel 1200 Gioacchino scrisse la Lettera testamento nella quale elencò alcune delle sue opere che, in caso di morte improvvisa, i Florensi avrebbero dovuto inviare alla Santa Sede per eventuali correzioni. Proclamò, inoltre, la sua totale sottomissione alla Chiesa di Roma. L’arcivescovo di Cosenza Andrea gli donò, nel 1201, una chiesa in località Canale, presso Pietrafitta, dove Gioacchino aveva cominciato la costruzione di una dipendenza. Gioacchino si ammalò e morì a San Martino di Canale, il 30 marzo del 1202, alla presenza di numerosi monaci e degli abati di Corazzo, della Sambucina e di Santo Spirito di Palermo. Nei primi Vespri della Quinta Domenica di Quaresima, “nel sabato in cui si canta il Sitientes, gli fu concesso – scrive Luca di Cosenza  nella Synopsis virtutum” – di non avvertire alcun dolore per la conclusione della sua vita mortale e, raggiunto il vero sabato, di affrettarsi come cervo alle sorgenti delle acque“. “Piacque infine ai suoi figli, che aveva lasciato come successori del suo magistero, trasferire la tomba di tanto padre a Fiore, ove egli riposasse sino al suono della tromba in un cenotafio per lui preparato”, racconta Giacomo Greco nella Chronologia del 1612. Entro il 1226 le reliquie di Gioacchino vennero traslate da San Martino di Canale nella nuova chiesa abbaziale di San Giovanni in Fiore e collocate nella cappella di destra del transetto, intitolata alla Vergine, in una tomba terragna. Questo nuovo complesso abbaziale, costruito più a valle tra il 1195 ed il 1234 in località Faraclonio o Faradomus, presso la confluenza dei fiumi Neto ed Arvo, dopo la distruzione del protocenobio di Jure Vetere divenne la casa madre dell’ordine florense e ne ereditò il nome.
Sul sepolcro di Gioacchino fu inciso il distico iniziale di un inno, il cui seguito è andato perduto, di Pietro di Matera:
Hic Abbas Floris 
coelestis gratia roris
(Questi è l’Abate di Fiore, grazia di rugiada celeste).
La  tomba di Gioacchino da Fiore fu venerata per oltre quattro secoli e tanti miracoli vi si verificarono. Nel 1346 i monaci florensi curarono una raccolta dei miracoli e nel 1614 Giacomo Greco li trascrisse in un manoscritto (“I miracoli operati, con l’aiuto di Dio, dal venerabile abate Gioacchino, fondatore dell’Ordine florense, raccolti da fra’ Giacomo Greco di Scigliano, teologo, e conservati nella biblioteca del monastero di San Giovanni in Fiore”).
Nei Monasteri Florensi, nel giorno della festa liturgica di Gioacchino, si recitavano le seguenti antifone e l’orazione:
Ad Laudes Anthiphona
Beatus Joachim primus Abbas Florensis humilis, et amabilis,
Claruit miris, per quem fuit admirabilis.
V/ Implevit eum Dominus Spiritu  Sapientiae, et intellectus
R/ Stolam gloriae induit eum.
(Antifona alle Lodi)
Beato Gioacchino, primo Abate florense, umile ed amabile,
fu ammirato per cose meravigliose.
V/Il Signore lo ha ricolmato dello Spirito di Sapienza
R/ E lo ha rivestito di una stola di gloria.)
 
Ad Vesperas Anthiphona
Beatus Joachim Spiritu dotatus prophetico,
decoratus intelligentia, errore procul haeretico,
dixit futura praesentia.
V/ Implevit eum Dominus Spiritu Sapientiae, et intellectus
R/ Stolam gloriae induit eum
(Antifona ai Vespri)
Il Beato Gioacchino di Spirito profetico dotato,
decorato di intelligenza, lontano da errori di eresia,
predisse gli eventi futuri.
V/Il Signore lo ha ricolmato dello Spirito di Sapienza
R/ E lo ha rivestito di una stola di gloria.)
 
Oratio
Deus, qui gloriam tuam tribus Apostolis in Monte Thabor manifestasti,
et in eodem loco Beato Joachim veritatem scriptutarum revelasti, tribue quaesimus,
ut eius meritis, et intercessione, ad eum, qui via, veritas et vita est, ascendamus.
Per Christum Dominum nostrum. Amen
(Orazione)
O Dio, che sul monte Tabor hai manifestato la tua gloria ai tre Apostoli,
e nello stesso luogo hai rivelato al beato Gioacchino la verità della Scrittura, ti preghiamo,
per i suoi meriti e la sua intercessione, fa che ascendiamo a Colui che è via, verità e vita.
Per Cristo nostro Signore).
Il verso “Beatus Joachim, spiritu dotatus prophetico”, cantato dai monaci e conosciuto da Dante, riecheggia  nel XII canto  del Paradiso, nell’immortale terzina di presentazione dell’Abate di Fiore:
…..lucemi da lato
il calavrese abate Gioavacchino
di spirito profetico dotato.
I messaggi di Gioacchino da Fiore e di Dante Alighieri, nelle fasi storiche di sonno della ragione, risuonano  di monito e di attualità, ridisegnano la speranza nel risveglio delle coscienze e nel rinnovamento civile e religioso dell’umanità.

*Giuseppe Riccardo Succurro

Presidente Centro Internazionale

di Studi Gioachimiti

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