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Aprile,17,2024

AGGUATO DI 'NDRANGHETA A NATALE A PESARO. È CACCIA AI KILLER DI BRUZZESE

E’ caccia ai due killer che, nel giorno di Natale intorno alle 18, hanno ucciso Marcello Bruzzese, cinquantunenne di origine calabrese, freddato nel garage sotto casa, in una stradina del centro storico di Pesaro. Un agguato in puro stile mafioso, forse un avvertimento. La gragnuola di colpi sparati a ripetizione usando pistole automatiche ha freddato il fratello di Girolamo Biagio Bruzzese, ‘ndranghetista, diventato nel 2003 collaboratore di giustizia dopo aver tentato di uccidere il capocosca: le sue testimonianze hanno permesso ai magistrati di conoscere i legami tra la cosca Crea e alcuni politici locali. Nella notte c’è stato un vertice in tribunale, al quale hanno partecipato il capo della procura pesarese, Cristina Tedeschini, i sostituti procuratori Fabrizio Narbone e Maria Letizia Fucci e Daniele Paci, della Dda di Ancona: un pool di magistrati per andare a fondo su autori, mandanti e movente dell’omicidio. I carabinieri completeranno oggi la raccolta delle testimonianze: un’attività complessa perché il delitto sembra non aver avuto testimoni diretti; l’analisi delle telecamere, poste ai varchi della zona a traffico limitato, potrebbe dare qualche indicazione in più agli inquirenti. Marcello Bruzzese era già scampato una volta alla morte: nel luglio del 1995, in provincia di Reggio Calabria, allora 28enne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Maddaferri. Nel 2008 aveva già vissuto a Pesaro un breve periodo della sua vita lontano dalla Piana di Gioia Tauro, prima di trasferirsi in Francia. Da tre anni si era nuovamente trasferito nella cittadina marchigiana e viveva sotto protezione con la famiglia, moglie e figli, nell’appartamento di Via Bovio 28. Un programma soft, visto che non aveva modificato il suo cognome, un particolare che lo rendeva facilmente rintracciabile. Marcello Bruzzese non aveva un lavoro e riceva uno stipendio dal ministero degli interni. Una persona gentile e riservata, secondo i vicini di casa, che lo vedevano fare colazione in un bar del centro città o frequentare abitualmente la chiesa. Secondo quanto si è appreso nella notte, nel programma di protezione erano stati inseriti sia la sua famiglia che quelle dei suoi parenti più stretti, che nella notte sono state precipitosamente trasferite in altre città. “Sembravano dei petardi”, hanno raccontato i vicini di casa a carabinieri e polizia che sono intervenuti subito dopo il delitto: in realtà erano una trentina di proiettili sparati dai due killer, che hanno agito a volto coperto, velocemente e con un piano ben studiato. Via Bovio è una strada stretta del centro storico, percorribile a senso unico e solo dalle vetture autorizzate. Nel giorno di Natale, pomeriggio, all’ora dell’agguato, era praticamente deserta: nessuno per strada, chiusi i negozi e come pure l’unico ristorante della via, molto noto e frequentato. I due assassini hanno aspettato Marcello Bruzzese davanti al garage, il cui ingresso è attiguo a quello del condominio dove viveva, e appena ha iniziato la manovra di parcheggio gli hanno sparato da distanza ravvicinata, senza lasciargli scampo. La vittima non ha avuto il tempo di rendersi conto di nulla: è stato colpito a morte all’interno della vettura da almeno 15 proiettili calibro 9. Un agguato durato pochi secondi, con i due assassini che si sono dileguati (“come ombre” hanno riferito alcuni testimoni) e a piedi così come erano arrivati.

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